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Di Salvo (ex Sel): “Il mio addio e i miei consigli a Sel e Vendola”

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di salvo 3«Penso che Sel abbia scelto una strada che l’allontana dalla missione politica con cui era nata, cioè da quella voglia di riaprire la partita, scegliendo per sé un ruolo di opposizione alternativa al centro-sinistra». Così Titti Di Salvo, deputata dimissionaria di Sel, spiega a IntelligoNews la decisione di lasciare il partito dopo la bagarre nata nella discussione sul decreto Irpef. «Vendola in questi anni – ha aggiunto – ha rappresentato un punto di riferimento straordinario per la sinistra e per il Paese, con le sue battaglie e l’impegno per i diritti sociali e del lavoro. Penso però che Sel oggi debba recuperare la ragione della sua esistenza: occorre mettersi al servizio del Paese e non dello sventolamento di belle bandiere».

Partiamo diretti: perché ha lasciato Sel?

«La ragione principale è che si è consolidata una differenza di opinioni sul ruolo da giocare oggi in Parlamento e nel Paese. Naturalmente le opinioni diverse possono e devo convivere in un partito, si chiama pluralismo, ma la posizione del gruppo parlamentare nella discussione sul decreto Irpef, con l’erogazione degli 80 euro e tutti gli altri temi connessi, che condividevo con la maggioranza del gruppo, è stata vissuta dal mio partito come un sabotaggio e un sequestro della linea politica di Sel. Da qui la naturale conseguenza delle dimissioni. Questo è stato l’atto finale di una dialettica che nasce dal congresso e che ha come cuore, esattamente, cosa vuol dire oggi essere sinistra moderna e di governo e cosa vuol dire fare opposizione».

Secondo lei dove sta andando Sel?

«La mia valutazione è che Sel abbia scelto una strada che lo allontana dalla missione politica con cui era nata, cioè da quella voglia di riaprire la partita, scegliendo per sé un ruolo di opposizione alternativa al centro sinistra. Oggi un Paese non si può cambiare con il 4% e non penso che il 96% degli italiani siano solo di destra, con il Pd inteso come partito di destra. Penso, invece, che per cambiare l’Italia servano delle alleanza, piattaforme comuni e direzioni di marcia precise. Ad esempio, la redistribuzione della ricchezza in Italia, dove le diseguaglianze aumentano, oggi è la chiave per uscire da quella  crisi che, in qualche modo, qualcuno ha premiato. Per questo ritenevo necessario, insieme ad altri, dare un segnale forte per sostenere il decreto Irpef, in modo che si andasse verso il consolidamento di una vera politica economica».

Ha pensato adesso dove collocarsi? Come vede il Pd di Renzi? 

«Con gli altri deputati che faranno questa scelta decideremo che fare, ma la mia  idea è di costituire un gruppo autonomo in Parlamento. Noi la scelta non l’abbiamo fatta pensando a dove collocarci ma pensado di segnalare un punto politico molto importante».

Oggi qual è il consiglio che darebbe a Vendola per far uscire Sel dall’empasse in cui è precipitato?

«Tengo innanzitutto a esprimere pubblicamente il mio affetto e la mia stima per Nichi Vendola e per la storia politica che ho vissuto con lui. Vendola in questi anni ha rappresentato un punto di riferimento straordinario per la sinistra e per il Paese, con le sue battaglie e l’impegno per i diritti sociali e del lavoro. Penso però che Sel debba recuperare la ragione della sua esistenza: eravamo nati per riaprire la partita e non per fare un partitino alternativo al centro-sinistra. Dovrebbe recuperare quest’ambizione ed è questa la ragione per cui, con tristezza, ho interrotto il mio cammino».

Pensa che Sel avrà la forza di rialzarsi? Anche perché, diciamolo, lei ha dato una sonora batosta…

«Io mi auguro di sì. Spero che questa crisi cosi profonda aiuti a riaprire una riflessione e una discussione  sul senso e sul ruolo che deve avere oggi la sinistra per cambiare l’Italia. Occorre mettersi al servizio del Paese e non dello sventolamento di belle bandiere».

 


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